E' stato ospite della puntata di Ritratto d'autore, condotta da Milena Furini, Davide Dal Bosco, che ha scritto un libro per la Minelliana, intitolato "Pino Bellinetti, un giornalista in camicia nera".
Davide si è laureato nel 2010 all'Università Ca' Foscari di Venezia in Storia, presso la facoltà di lettere e filosofia. Proprio in occasione della sua tesi di laurea ha svolto ricerche interessantissime che poi sono diventate un libro. Davide ha avuto il merito di riscoprire una figura chiave del fascismo polesano.
«Il mio desiderio era quello di scrivere una tesi di laurea sulla storia locale del Polesine - ha detto Davide - ed è stato il mio relatore che mi ha fatto scoprire questa figura. Ed ha aggiunto:
«Non c'era ancora un lavoro su Pino Bellinetti che avesse la presunzione di una completezza, anche se non penso sia stato detto tutto su questo personaggio che sicuramente è stato tra i personaggi principali del primo novecento in Polesine, è stato tra i fondatori del fascismo polesano, era un anticonformista per natura, sempre pronto alla polemica anche all'interno del suo stesso partito.
Da giovanissimo era stato anche tra i fondatori del futurismo. Fu un politico ma non lo fu per molto tempo perchè aveva anche altri interessi e fu soprattutto un giornalista, scriveva infatti sul Corriere del Polesine e sull'organo del fascismo che era La Voce del Mattino. Tra il 1920 ed il 1930 ebbe una parte rilevante nella società rodigina, è stato uno squadrista, nei giorni della marcia su Roma, nel 1922 fu membro del quadrumvirato in Polesine. Da direttore della Voce del Mattino, trasformò il giornale in un piccolo salotto politico letterario, in cui confluirono intellettuali polesani del tempo itra cui Livio Rizzi, Eugenio Ferdinando Palmieri, Giuseppe Marchiori, Enzo Duse. Questi personaggi diedero vita ad una fase unica della storia culturale del Polesine. Diedero vita anche ad un periodico come l'Abbazia degli illusi che ebbe una eco internazionale».
Davide ha letto in trasmissione due brani, tratti dal libro, tra cui uno scritto subito dopo l'omicidio di Matteotti, quando il partito proprio a seguito di quell'episodio fu caratterizzato da una frattura interna e in cui Bellinetti in qualche modo lo giustifica descrivendolo come un "delitto politico".
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